Negli ultimi anni i cambiamenti socio-demografici, la guerra in Ucraina, le emergenze sanitarie e climatiche hanno portato buona parte della popolazione a cambiare le proprie abitudini sociali ed alimentari, sia per via dell’aumento dei prezzi dei beni alimentari, sia per la crescente preoccupazione per la salute, l’ambiente e l’etica animale.

La carne coltivata in laboratorio (CM) è nata come alternativa per aiutare a risolvere le questioni ambientali (emissioni di metano), sanitarie (uso di antibiotici e zoonosi) ed etiche legate alla domanda di prodotti a base di carne.
Nel 2013, in una conferenza stampa a Londra, Mark Post presentò il primo hamburger di manzo coltivato al mondo; nel dicembre 2020, la Singapore Food Agency (SFA) ha approvato la vendita di pollo coltivato, sotto forma di crocchette di pollo.
Singapore è stata il pioniere e rimane tuttora l’unica autorità di regolamentazione al mondo a consentire la commercializzazione delle CM. Sebbene infatti le tecnologie ed il mercato siano cresciuti esponenzialmente negli ultimi anni, lo scenario normativo si è sviluppato lentamente; nessun prodotto è disponibile in commercio su larga scala.

Ora andiamo al dunque, come viene prodotta la CM?
La CM si ottiene attraverso l’agricoltura cellulare, che si basa sull’applicazione dei principi dell’ingegneria tissutale. Il tessuto prodotto deve assomigliare il più possibile al tessuto vivo e riprodurre caratteristiche morfologiche e funzionali, come fibre muscolari altamente allineate e grasso ben distribuito.

La prima fase è quella dell’isolamento delle cellule.

Anzichè macellare gli animali a scopo alimentare, il processo di coltivazione della carne inizia solitamente con l’ottenimento di una biopsia e l’isolamento delle cellule. E’ necessario scegliere la fonte ed il tipo di cellule migliori; sebbene il processo possa iniziare con diversi tipi di cellule, quelle staminali sono una scelta ovvia grazie alla loro capacità di proliferare e differenziarsi. Le cellule possono essere ottenute da due fonti: cellule staminali adulte, che hanno una capacità proliferativa limitata, o cellule staminali pluripotenti, che hanno una capacità proliferativa indefinita. Le cellule solitamente utilizzate per questa applicazione includono:
cellule satelliti muscolari che possono differenziarsi in miotubi
cellule staminali/stromali mesenchimali (MSC) che possono differenziarsi in linee cellulari fibroblastiche, condrogeniche o adipogeniche;
progenitori fibro-adipogenici (FAP) che possono generare adipociti e fibroblasti;
cellule staminali embrionali (ESC);
cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC) che possono differenziarsi in qualsiasi tipo di cellula.

Scelta del terreno di coltura.
Affinchè crescano e si riproducano le cellule necessitano di nutrimento, ecco perchè i terreni di coltura sono cruciali per la coltivazione della carne essendo fonte di nutrimento e di fattori di crescita. Attualmente, i terreni di coltura utilizzati per la CM sono gli stessi utilizzati per coltivare le cellule in laboratorio ma rappresentano un limite per ragioni etiche ed economiche.
La crescita delle colture cellulari è fortemente associata al siero bovino fetale (FBS), che viene estratto dai feti bovini. Questo siero contiene fattori di attacco cellulare, micronutrienti, oligoelementi, fattori di crescita e ormoni che promuovono la rapida crescita cellulare ma è molto costoso e, poiché deriva da animali, il suo utilizzo non è coerente con lo sviluppo della CM proposto, che ha lo scopo di ridurre le componenti di origine animale. Pertanto, per motivi etici, l’utilizzo delsiero bovinoè stato accantonato a favore di idrolizzati proteici, albumine o estratti di alghe.

Crescita e differenziazione delle cellule grazie agli scaffold.
Le cellule vengono coltivate per crescere e differenziarsi in cellule muscolari scheletriche, ma affinchè possano farlo necessitano di un “impalcatura“.
L’impalcatura è rappresentata dagli scaffold, delle strutture naturali o artificiali tipiche dell’ingegneria tissutale che mirano ad imitare una matrice extracellulare (ECM) dove le cellule possano attaccarsi, migrare e proliferare. Attualmente, nelle impalcature disponibili in commercio per la CM vi sono biomateriali animali come collagene, fibrina e acido ialuronico, oppure di origine vegetale, come alginato, materiali vegetali decellularizzati e cellulosa. Altre fonti di materiali per impalcature includono il chitosano proveniente da crostacei, lieviti o funghi e micelio fungino.
Gli scaffold facilitano la fase di differenziazione perché consentono alle cellule di aderire e maturare. A seconda del tipo di modello, possono garantire vascolarizzazione ed eterogeneità migliorando la consistenza e la struttura del prodotto finale, rendendolo più simile alla carne convenzionale.

Stampa 3D (3DP).

Poiché gli scaffold sono così importanti sono stati sviluppati alcuni metodi di assemblaggio per produrre tali strutture come ad esempio la stampa 3D.
Grazie alla stampa 3D è possibile rimodellare la struttura della CM e controllarne la granulosità per garantire che sia simile alla carne convenzionale.
La 3DP è una tecnologia emergente che ha attirato attenzione nel campo alimentare perché in grado di riprodurre forme e trame complesse; nel caso della CM permette di migliorare il profilo nutrizionale e i valori sensoriali del prodotto.
Si basa su una progettazione e produzione assistita da computer (CAD/CAM), che personalizza il processo di stampa strato per strato. Per la biostampa vengono utilizzati bioinchiostri costituiti da cellule, biomateriali e altre molecole come i fattori di crescita. Il mezzo per la sospensione cellulare contiene reticolanti polimerici, come trombina, sale, gelatina e fibrinogeno. I biomateriali, come polimeri termoindurenti o idrogel, sono utilizzati come impalcature nei bioinchiostri per fornire un microambiente appropriato per l’adesione, la migrazione e la differenziazione cellulare.
Le strutture stampate consentono la diffusione dei nutrienti e migliorano la porosità del prodotto.
Ad oggi sono stati ottenuti risultati sorprendenti nella riproduzione del muscolo scheletrico ma sono necessarie ulteriori ricerche per migliorare i materiali stampabili, per far si che siano di origine non animale e commestibili; sono già state valutate miscele di isolato proteico di pisello (PPI) e isolato di proteina di soia (SPI).

FONTI

A.C.A.Santos, D.E.M. Camarena, G.R. Reigado, F.S.Chambergo, V.A. Nunes, M.A. Trindade, S.S.M. Engler; Tissue Engineering Challenges for Cultivated Meat to Meet the Real Demand of a Global Market; Int. J. Mol. Sci. 202324(7), 6033; https://doi.org/10.3390/ijms24076033

 

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